Allarme popillia japonica: ecco l’unico metodo biologico per fermare questo parassita invasive

La presenza di Popillia japonica, comunemente nota come coleottero giapponese, rappresenta un grave problema fitosanitario che minaccia la vitalità di prati, orti e giardini in diverse regioni italiane. Questo coleottero invasivo, originario dell’Asia, si distingue per l’enorme voracità sia allo stadio larvale che adulto, intaccando un’ampia gamma di piante spontanee, ornamentali e coltivate. La sua diffusione incontrollata si accompagna a danni sia estetici sia economici, spingendo gli agricoltori e gli appassionati del verde a cercare strategie di difesa efficaci ma rispettose dell’ambiente.

Caratteristiche e ciclo biologico: perché Popillia japonica è così difficile da fermare

Il successo invasivo di Popillia japonica è strettamente legato al suo ciclo biologico. Gli adulti compaiono in estate, tra giugno e agosto, nutrendosi dei tessuti fogliari e dei fiori di oltre 300 specie vegetali. Le femmine depongono le uova nel terreno, dove si sviluppano le larve che successivamente si nutrono di radici, indebolendo seriamente le piante ospiti. Lo stadio larvale sverna nel suolo, protraendo la minaccia nel tempo.

Oltre alla loro elevata prolificità, la difficoltà di controllo è legata all’assenza di antagonisti naturali efficaci in Europa, che lascia le popolazioni libere di crescere quasi indisturbate. Gli adulti sono pronti volatori, capaci quindi di colonizzare rapidamente nuove zone, mentre le larve rimangono protette nel suolo, rendendosi invisibili ai trattamenti superficiali.

Il vero metodo biologico: i nematodi entomopatogeni, protagonisti della lotta sostenibile

Dopo molti esperimenti e confronti tra le strategie di contenimento, la comunità scientifica e le esperienze di campo indicano nei nematodi entomopatogeni la soluzione biologica più efficace contro Popillia japonica. Questi microscopici vermi, in particolare le specie Heterorhabditis bacteriophora e Steinernema, vivono nel suolo e sono in grado di infettare le larve del coleottero penetrando nel loro organismo ed eliminandole dall’interno attraverso batteri simbionti prodotti durante il ciclo vitale.

L’impiego dei nematodi entomopatogeni presenta diversi vantaggi:

  • Sono selettivi: attaccano specificamente le larve di Popillia japonica senza danneggiare insetti utili, mammiferi o esseri umani.
  • Hanno un basso impatto ambientale: non lasciano residui tossici e non inquinano il suolo o l’acqua.
  • Si applicano facilmente tramite irrigazione o annaffiatura nelle aree infestate.
  • Possono riprodursi e permanere a lungo nel suolo, offrendo una protezione duratura nel tempo.

Le applicazioni di Heterorhabditis bacteriophora sono raccomandate nel periodo di massima presenza delle larve nel terreno, quindi da agosto a ottobre. È importante mantenere il suolo umido nei giorni successivi al trattamento affinché i nematodi possano spostarsi e agire in modo efficace.

Una valida alternativa biologica consiste nell’utilizzo di funghi entomopatogeni come il Metarhizium anisopliae, capaci di infettare e uccidere le larve nel suolo distribuendo spore sulle superfici trattate, ma la loro efficacia è considerata generalmente leggermente inferiore rispetto ai nematodi.

Altri metodi biologici e integrati: trappole, alleati naturali e azioni preventive

Oltre ai nematodi, la difesa biologica può includere altri strumenti complementari, da integrare secondo le dimensioni dell’infestazione e il contesto:

  • Trappole a feromoni: queste attirano e catturano gli adulti mediante segnali sessuali o floreali, ma vanno usate con cautela e posizionate lontano dalle aree da proteggere perché possono richiamare una quantità maggiore di adulti e accentuare localmente l’infestazione. La loro efficacia aumenta nelle campagne di controllo collettivo e non su singoli piccoli giardini.
  • Insetti predatori: alcune specie di insetti come le coccinelle, i crisopidi e il parassitoide Istocheta aldrichi vengono proposte come antagonisti, ma il loro effetto in Italia è ancora marginale perché le popolazioni non sono sufficientemente diffuse.
  • Bacillus thuringiensis e Bacillus popilliae: batteri impiegati per colpire le larve nel suolo. Hanno mostrato buona efficacia, ma sono meno selettivi e la velocità di azione è ridotta rispetto ai nematodi.
  • Raccolta manuale: praticabile su singole piante ornamentali, consiste nella rimozione degli adulti nelle ore fresche del mattino, immergendoli in acqua saponata per una eliminazione sicura.
  • Schermature: l’uso di reti a maglia fine per coprire piante particolarmente sensibili nel periodo di massima attività degli adulti fornisce una difesa fisica efficace.

Questi metodi possono essere combinati nella cosiddetta “lotta integrata”, alternando strategie preventive e curative per contenere la popolazione del coleottero senza dover ricorrere a insetticidi chimici dannosi per la biodiversità.

Impatto della lotta biologica e prospettive future

L’adozione dei nematodi entomopatogeni come misura biologica principale contro la Popillia japonica si sta diffondendo in Italia soprattutto nelle regioni più colpite. I trattamenti biologici rappresentano la risposta moderna e sostenibile a una minaccia che rischia di compromettere interi ecosistemi rurali e urbani. L’efficacia reale dipende però da un’applicazione puntuale e dalla collaborazione tra agricoltori, cittadini e amministrazioni.

La comunità scientifica lavora costantemente per migliorare le tecniche di allevamento dei nematodi e perfezionare i protocolli di distribuzione. Studi e sperimentazioni future contemplano anche la ricerca di nematodi autoctoni e bio-agent più efficaci, con una particolare attenzione alla salvaguardia dei servizi ecosistemici. Solo grazie alla capillare diffusione delle buone pratiche e al monitoraggio costante sarà possibile prevenire nuove ondate epidemiche e limitare i danni.

In assenza di un predatore specifico o di una malattia naturale diffusa in Europa, la gestione ecologica di Popillia japonica si basa oggi essenzialmente sull’uso mirato di nematodi e sul coinvolgimento attivo della collettività in un’ottica di tutela del paesaggio e della produzione agraria, limitando al minimo l’utilizzo di sostanze chimiche.

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